mercoledì 30 novembre 2011

NEWS - Anteprimizie,"Alcatraz" di Abrams dal 30 gennaio su Premium Crime! A maggio Mya cala il tris: "2 Broke Girls", "Hart of Dixie" e "Suburgatory". "The Secret Circle" a settembre (sempre su Mya), "Smash" dal 19 febbraio. "Homeland" da febbraio su FoxCrime
E' stata decisa la data della partenza di "Alcatraz" di J.J. Abrams su Premium Crime: lunedì 30 gennaio. Nel frattempo Mya si candida ad essere il network più agguerrito, in termini telefilmici, sul fronte Mediaset (Premium). A settembre è in scaletta, il 4, "The Secret Circle", mentre già a maggio spara a raffica un tris di titoli da tenere d'occhio: "2 Broke Girls" e "Suburgatory" (entrambe il 4 maggio) e "Hart of Dixie" (31 maggio). Sempre il 31, parte l'ottava stagione di "One Tree Hill". Prima, a gennaio, sfilano "Covert Affairs" 2 (il 9), "Pretty Little Liars" 2 (il 17) e "Gossip Girl" 5 (il 24). "Smash" è al momento in palinsesto, sempre su Mya, il 19 febbraio 2012.
Sul fronte Sky, "Homeland" andrà in onda da febbraio su FoxCrime; sempre lo stesso mese toccherà alla settima di "Criminal Minds". Sullo stesso canale, la sesta stagione di "Dexter" inizierà dal 26 gennaio. Per chi volesse assistere alle anteprime di questo tris di serie ad alto tasso thriller, potrà gustarle in anteprima tra le nevi del Courmayeur Noir in Festival, dal 5 all'11 dicembre.

martedì 29 novembre 2011

NEWS - Ultima ora! "Smash" di Steven Spielberg da febbraio (la data del 12, detta in un primo tempo, è improbabile) su Mya
E' ufficiale, Mya si è aggiudicata la messa in onda di "Smash", una delle serie più attese della stagione, quella che qualche critico ha già etichettato come l'anti-Glee. La trasmissione è fissata per febbraio (probabilmente non il 12 come pubblicato in un primo tempo, forse la settimana dopo...). Sogni e aspirazioni di successo alla "Saranno famosi" con la firma di Steven Spielberg. Tra i protagonisti di punta, l'ex Grace Debra Messing, Anjelica Huston e l'esordiente Katharine McPhee (occhio a quest'ultima, a star is born...).


Vedi il maxi-trailer

lunedì 28 novembre 2011


NEWS - Alza la bandiera, Jennifer! La nipote di Missoni tiene alto il nome dell'Italia nei telefilm Usa (e nessuno ne parla, a parte il Tg Telefilm)
Si chiama Jennifer Goldie Diamante e di cognome fa Missoni. Nomen omen, verrebbe da dire, visto che è la nipote dello stilista Ottavio Missoni. Tuttavia la ragazza nata e cresciuta a Varese e poi espatriata in America si è fatta largo con le proprie braccia e le sue lunghissime gambe. Fin da ragazzina ha dimostrato un interesse spasmodico per l'equitazione e il pattinaggio su ghiaccio, gareggiando in entrambe le attività a livello agonistico, mentre l'esercizio fisico delle lezioni di danza jazz ha modellato il suo corpo fino alla perfezione. Dopo un passato da modella - è stata tra l'altro testimonial per due anni del profumo di Missoni - ha iniziato a 17 anni una carriera d'attrice attualmente in piena ascesa: da "Law&Order" a "Damages", da "Army Wives" al remake di "Melrose Place", da "Medium" a "Fringe", fino a "Royal Pains", "Gossip Girl" e "White Collar", i molteplici cameo seriali di Jennifer stanno tenendo alta la bandiera italiana a Hollywood (altro che Elisabetta Canalis!). Per chi non lo sapesse, è l'attrice italiana più intervistata sui tappeti rossi che contano nelle ultime stagioni (dagli Emmy Awards ai Golden Globes). Nel 2012 sarà curioso vedere l'attrice di buonissima famiglia al cinema in "Inferno", il film biografico incentrato sulla figura della pornostar Linda Lovelace, la protagonista del cult "Gola profonda". Al suo fianco nella pellicola, ci saranno Malin Akerman (nella parte dell'attrice a luci rosse al centro della pellicola) e l'ex pornostar Sasha Grey. Ad aprire le porte di Hollywood alla bella Jennifer, però, oltre al fascino indiscusso, è stata anche la perfetta conoscenza della lingua inglese imparata insieme al francese presso la Scuola Europea di Varese. Chapeau!

domenica 27 novembre 2011

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri

Articolo tratto da "La Lettura", inserto culturale del CORRIERE DELLA SERA, del 25.11.2011


Se esce ancora un libro o un articolo che si piange addosso per la morte del romanzo, giuro che sottopongo l’autore alla cura Ludovico, quella di Arancia meccanica. Salvo che, al posto delle immagini di violenza e della Nona di Beethoven, gli proietto, con l’aiuto di mollette che lo costringano a tenere gli occhi ben aperti, Mad Men o The Wire. Va bene, diamo per scontata la morte del romanzo, la fine della letteratura e lo svuotamento del più borghese e cristallizzato tra i generi. A un patto, però. Se l’editoria, specie quella italiana, risulta infatuata di falsi romanzi non è colpa della forma-romanzo. Sì, forse non ci sono più i romanzi di una volta (come le mezze stagioni e i prati della periferia), quelle grandi narrazioni che rispecchiavano e insieme criticavano la società, ma se continuiamo a cercare qualcosa in cui l’autore, attraverso dei personaggi, prende in esame alcuni grandi temi dell’esistenza, beh, allora forse è venuto il momento di dare un’occhiata non solo ai libri ma anche ad altre forme narrative, ad altri media. Tipo la serialità americana.

Quanto a scrittura, al romanzo si chiede di darsi per intero in ciascuno dei suoi frammenti, in ciascuna delle sue manifestazioni; sul supporto cartaceo o su quello schermico ciò che muta è il linguaggio, non la forma-romanzo. Tempo fa, Jonathan Franzen dichiarava che le serie tv «stanno rimpiazzando il bisogno che veniva soddisfatto da un certo tipo di realismo del XIX secolo. Quando leggi Dickens ottieni gli stessi effetti narrativi che ti danno le serie tv…».

In un celebre discorso, Milan Kundera sosteneva che il bene più prezioso della cultura europea — il suo rispetto per l’individuo, il suo rispetto per il pensiero originale — è deposto «come in uno scrigno d’argento nella storia del romanzo, nella saggezza del romanzo». Dobbiamo purtroppo prendere atto che questa saggezza non appartiene più all’Europa, da tempo si è trasferita altrove, in contrade che credono ancora ai sogni, anche a quelli culturali.

La mossa di Franzen

Quando è uscito l’ultimo romanzo di Franzen, Libertà, a proposito delle non poche polemiche suscitate dal libro, Francesco Pacifico, intervistato da Mariarosa Mancuso alla radio svizzera, ha fatto un’osservazione molto importante: Franzen manda indietro l’orologio del genere romanzo per vincere la battaglia contro la nuova grande forma d’arte del nostro tempo, la serialità televisiva di alta qualità, che ha già capolavori assodati in Six Feet Under, Sopranos, Mad Men eThe Wire, opere di sorprendente complessità, varietà e generosità narrativa, umana e tematica, e al contempo di largo consumo.

La forma-romanzo, dunque, non è morta ma migra verso nuovi e differenti media. Si tratta di un processo che possiamo osservare in tutta la sua vitalità oggi che il mondo della comunicazione è al centro di un profondo e radicale cambiamento. I media si ibridano, si fondono e, insieme con loro, cambiano i modi di distribuire e consumare i contenuti. Com’è noto, si tratta del fenomeno della convergenza, che tecnicamente sta a significare l’unione di più mezzi di comunicazione, un amalgama reso possibile dalla tecnologia digitale. La convergenza non è solo un processo tecnologico, o scandito dalla tecnologia, è anche un cambiamento antropologico, un’attitudine culturale che incoraggia gli utenti a creare connessioni tra diversi testi, a usare le tecnologie sempre meno come strumenti per comunicare e sempre più come nuovi territori da scoprire, e i media non come semplici protesi, ma piuttosto come ambienti in cui siamo immersi e in cui viviamo la nostra esperienza quotidiana.

La convergenza è una tendenza al meticciato che coinvolge sia le tecnologie e i device che i linguaggi e le forme testuali: anche quelle più consolidate e archetipiche come il romanzo si modellano e si plasmano intorno a nuovi «contenitori». La serialità televisiva, certo. Ma anche altri media presentano tracce evidenti della persistenza di un modello narrativo che trova nuova linfa in forme che non ti aspetti: per esempio, molti dei videogame più recenti e di successo sono modellati sul canonico «viaggio dell’eroe» che Joseph Campbell ha identificato come la formula narrativa alla base di molta letteratura.

L’aspetto più curioso è che molti scrittori stanno iniziando a confrontarsi con la tv, o almeno con il suo genere più «nobile». Negli Stati Uniti, il dibattito è in corso ormai da tempo. Gary Shteyngart, l’autore di uno dei romanzi più discussi e letti degli ultimi tempi in America, Super Sad True Love Story, intervistato da «The Atlantic» ha parlato del grande cambiamento che la narrativa contemporanea sta attraversando e di quanto pesi il confronto con la tv: «Canali come Hbo e Showtime stanno conquistando tutti. La tipologia di artifici narrativi che sono sempre apparsi in forma di romanzo, ora compaiono in serie come The Wire e Breaking Bad. Queste serie innescano la “spinta narrativa” che chiediamo, ci insegnano diversi mondi e diversi modi di vivere. Ma, allo stesso tempo, non richiedono un’immersione testuale totale. Siedi semplicemente lì e lasci che tutte queste cose accadano sullo schermo». Nomini brand come Hbo e Showtime e, a proposito di tendenze culturali, pensi a cosa un tempo erano Einaudi e Adelphi.

Che la contaminazione tra letteratura e serialità televisiva di qualità sia un processo innescato in modo irreversibile è ormai evidente da altri numerosi segnali: lo stesso Franzen sta lavorando a un adattamento tv de Le correzioni; una delle serie più belle degli ultimi anni, prodotta da Hbo, è Bored to Death, letteralmente «annoiati a morte» ideata e sviluppata dallo scrittore Jonathan Ames a partire da un suo racconto. Alla rivista «Link. Idee per la televisione», Ames ha spiegato: «Come romanziere sono abituato a fare il direttore della fotografia, il costumista, l’editor, persino l’Hbo: prendo tutte le decisioni da solo. A dire il vero non trovo che sia così differente dallo scrivere un romanzo. Ogni puntata, in un certo senso, è come un capitolo: non vedi ancora dove andrai di preciso con il capitolo successivo, e non sai neppure se ti sarà permesso di arrivare fino alla fine».

Insomma, tra il romanziere e la figura dello showrunner il velo di separatezza sembra essere sempre più sottile, tanto che il processo vale anche all’opposto: grandi executive producer seriali come Aaron Sorkin, J.J. Abrams, Matthew Weiner e David Simon si sono guadagnati sul campo la qualifica di «autore», un tempo prerogativa esclusiva dei territori «nobili» della letteratura edel cinema. Se mai la serialità ha fatto giustizia di quella Nozione d’Autore che ha contribuito a creare non pochi equivoci, specie in Italia. Il valore della scrittura è generato da una sorta di qualità plurale che tiene a bada il narcisismo autoriale, le manie di grandezza del singolo scrittore. La serialità è un misto di creatività individuale e progetto industriale, di invenzione e ripetizione, di originalità e rimandi. Rivela nuove dinamiche della scrittura, nuovi ritmi imposti dalla produzione e nuove attenzioni al pubblico.

Da alcuni anni, da quando è apparsa una delle prime serie di culto come Star Trek, e poi da Weeds a Lost, da Bored to Death a Breaking Bad, i telefilm raccontano storie affascinanti per parlare anche d’altro. Le immagini non vogliono soltanto dire quello che mostrano, ma vibrano in continuazione, rimandano a un mondo dissimulato, ad alcuni significati inesauribili, a un altrove che non conosciamo e che promettono di farci perlustrare. La sensazione è che gli strumenti narrativi dei telefilm americani lavorino per un linguaggio sciolto da ogni vincolo di obbedienza ideologica o sociale, si abbandonino al puro gusto di narrare.

Educazione sentimentale

Il dato più significativo per cogliere la persistenza della forma-romanzo e la sua rigenerazione attraverso nuove sembianze mediali è forse questo: non solo le serie tv sono ricolme di citazioni attinte a piene mani dalla grande letteratura, dal grande cinema, dal grande teatro, ma allo stesso tempo trasudano strutture narrative, tecniche figurative, procedimenti «rubati» a modelli alti, a forme di racconto più antiche. È difficile che un ragazzo si accosti ancora alla grande narrativa ottocentesca. Ma è molto probabile che in alcune serie trovi orme di soluzioni linguistiche tratte da quegli autori (ben conosciuti dagli sceneggiatori). Succede, insomma, che l’educazione sentimentale degli adolescenti di tutto il mondo si formi ora sui «teen drama »: non più sul romanzo ma sul telefilm di formazione. Nelle forme espressive della serialità televisiva, la cultura americana ha trovato lo spazio ideale per dare forma di racconto a una visione del mondo, per restituire un’immagine della società dispiegata attraverso un impianto narrativo che renda ragione della sua complessità. È quello che in Italia spesso non si riesce a fare, perché il racconto del Paese è stato demandato ai generi televisivi più bassi, prigionieri di un’estetica e di una cultura che dal neorealismo in avanti (a parte poche eccezioni) ha rinunciato alla possibilità di «pensare in grande».


Aldo Grasso

venerdì 25 novembre 2011

Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl!

Stracult della settimana, il nuovo fantasy della Abc, Once Upon a Time, nato dalla “premiata coppia creativa” Edward Kitsis e Adam Horowitz, già collaudata negli anni con Popular, Felicity e l’insuperabile Lost, con protagonista Jennifer Morrison, l’ex dottoressa Cameron in Dr. House. Qui, dimensione fantastica e realtà s’intrecciano per raccontarci come, secondo una maledizione antica e misteriosa, i personaggi delle fiabe siano costretti a vivere nel nostro mondo incatenati a un presente a cui non appartengono, vittime di una condizione da cui, loro malgrado, non possono fuggire. L’unica in grado di poterli salvare, Emma (interpretata dalla Morrison), la sola persona che potrebbe spezzare l’incantesimo e ripristinare il lieto fine di Biancaneve, Geppetto, il Grillo Par
lante, e liberare così il presente di Storybrooke dall’atmosfera cupa e tenebrosa in cui è precipitato. La vita “parallela” dei personaggi fiabeschi è il mezzo attraverso cui vengono rivolte forti critiche al mondo contemporaneo, caduto in un baratro da cui non riesce a uscire e utilizzare le favole per cambiare la realtà è l’obiettivo primario. La serie vanta un ottimo cast artistico, tecnico e creativo, una regia e una fotografia che farebbero gola a molti e un incredibile seguito di spettatori, oltre 11 milioni ogni settimana. Piccola nota dolente: la trama alquanto intricata, che alla lunga potrebbe risultare un po’ troppo contorta.
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Stracotta della settimana (ma con riserva e la speranza che migliori) quasi del tutto, è Grey’s Anatomy, la serie firmata Shonda Rhimes, che da tanti anni ormai ci fa ridere, piangere, disperare, emozionare, giunta quest’anno all’ottava stagione. Punta di diamante della Abc, il medical drama ambientato a Seattle, con il passare degli anni ha cominciato, come era già accaduto in passato a E.R., a perdere lentamente personalità, scavandosi la fossa da solo e precipitando in un burrone pieno di intrecci e situazioni ormai viste e riviste. Fino a oggi, tutto accadeva sempre per un motivo al Seattle Grace, ogni decisione implicava una conseguenza, ogni scelta personale si scontrava inevitabilmente con ciò che il destino aveva in serbo per i protagonisti. Ora sembra non essere più così, e un’accozzaglia di eventi banali e prevedibili ha rubato il posto a storie coinvolgenti e spesso alcardiopalma, in cui la vita di ogni singolo personaggio andava a intrecciarsi a quella dei pazienti e in fondo in fondo anche un po’ degli spettatori, instaurando un’intesa difficilmente riscontrabile in altre serie. Eppure ormai, sembra che la serie sia arrivata a un punto distallo, incastrata in un contesto che non le si addice più. Priva di colpi di scena, di trovate brillanti o storyline affascinanti. Solo l’ultimo episodio, Dark Was the Night, ha dimostrato che lo show ha ancora molte carte vincenti da giocare, bisogna solo vedere se sarà in grado di mettere a segno la mossa giusta, per recuperare il tempo perso in questo inizio di stagione.
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NEWS - Ecco perchè! I telefilm perdono ascolti? Te credo: nel campione Auditel solo il 5.5% di laureati. Le reti generaliste perdono il 20% di ascolti dal 2000 (4% solo quest'anno!). Ma andiamo avanti così (facciamoci del male...)
(ANSA) - PERUGIA - Dal 2000 (anno di massimo regime) a oggi le reti Rai e Mediaset messe assieme hanno perso il 20 per cento del loro pubblico. Solo quest'anno la perdita e' del 4 per cento. E' quanto emerge da un'indagine sui dati auditel svolta dagli studenti del corso di laurea in linguaggi dei media dell'Universita' Cattolica e presentata oggi pomeriggio a Perugia nell'ambito di Immaginario Festival. Il successo di Fiorello - secondo gli autori - e' solo una panacea, visto che alla fine dei conti con le sue quattro puntate incidera' solo per un breve periodo modificando di poco le cose in generale. I risultati messi insieme dagli studenti del professor Giorgio Simonelli - Giorgio Scorsone e Alessio Fiorito - fotografano questa situazione: nel 2000 il complesso di Rai1, Rai2, Rai2, Canale 5, Italia 1 e Retequattro, in primetime, arrivava al 91,6 per cento, nel giorno medio al 90,6. Nel 2010 erano al 76 in primetime e al 73,6 nel giorno medio. Nel 2011, fino ad ora, come detto, il calo ulteriore e' del 4 per cento. Quanto all'Auditel, e' stato svolto anche uno studio sul campione utilizzato. Il risultato rivela che nel campione stesso e' sovrastimato il pubblico meno istruito: nel campione Auditel la popolazione con sola licenza elementare che viene presa in considerazione e' pari a circa il 30 per cento, mentre nella realta' fotografata dall'Istat si attesta attorno al 20 per cento. Mentre i laureati, che l'Istat valuta all'8 per cento, figurano nel campione solo al 5,5. Gli studenti hanno infine svolto un'analisi sul canone. Da questa risulta che l'evasione e' in aumento: nel 2011 era al 43 per cento, cinque anni fa era al 25. In Europa e' all'8. Il fenomeno e' dilagante al sud, dove in Campania, Calabria e Sicilia arriva all'87 per cento.

A proposito dei dubbi sull'Auditel, che Telefilm Cult ha sempre espresso negli anni, si veda l'Etichetta "Auditel" e, ad esempio, per quanto riguarda le fasce d'età giovani poco rappresentate, si vada a questo link del 2008 per farsi un'idea: http://telefilmcult.blogspot.com/2008/06/anteprima-bollettino-gi-la-maschera.html#links

giovedì 24 novembre 2011

NEWS - Favorisca i documenti! Anna Torv come non l'avete mai vista (in divisa) e come non vorreste mai incontrarla...
Imperdibile video inedito di "College Humour" con protagonista l'Anna Torv di "Fringe" nella divisa di una poliziotta sui generis...godetevela (e sperate di non incontrarla mai...!!!).

Guarda il video:
http://www.collegehumor.com/video/6652422/can-i-give-you-a-ticket-with-anna-torv

mercoledì 23 novembre 2011

NEWS - Ecco la serie maCina ascolti: "A beautiful daughter" oltrepassa i confini cinesi e sbarca in Africa (si spera coi sottotitoli)
Pechino (Adnkronos/Xinhua) A un anno dal suo debutto la serie televisiva cinese "A Beautiful Daughter-In-Law Era" ha superato i confini alla conquista del mondo. Prima tappa la Tanzania e altri paesi africani, dove le 36 puntate firmate dallo sceneggiatore Wang Liping, sono gia' un successo seguito da oltre 100 milioni di telespettatori. Commedia leggera sul menage matrimoniale di una tipica coppia cinese dei tempi modeni, la serie e' stata fin dal debutto sulla Btv cinese nel marzo scorso in testa alle classifiche degli ascolti, con una audience media del 10% a livello locale, un vero e proprio record per il mercato televisivo cinese fortemente competitivo. "La serie racconta la vita reale dei cinesi di oggi e mostrera' ai telespettatori africani come e' la 'vera Cina"', ha dettp Liu Jiang, direttore dello show. Sul piano internazionale la produzione della televisione cinese e' stata conosciuta finora piu' per soap ispirate al passato.
NEWS - Ultima ora! At-tacchi-ti al serial su Mediaset: "Nikita" debutta su Italia 1 il 12 dicembre in seconda serata (lo stesso giorno, alle 15.00, la quarta di "Big Bang theory"). "CSI: NY" VII dal 5 dicembre
Movimenti di truppe telefilmiche su Italia 1 che dal 12 dicembre tira fuori l'artiglieria con il debutto in chiaro di "Nikita" in seconda serata (alle ore 23.00), mentre alle 15.00 lancia la IV stagione di "Big Bang Theory". Sempre sulla stessa rete, dal 5 dicembre in prima serata è la volta della 7ma stagione di "CSI: NY".

martedì 22 novembre 2011












GOSSIP - Attenzione, rossa che scotta! Alexandra Breckenridge di "American Horror Story" fa "Crack" alla soglia dei 30 anni...
A proposito delle "rosse" alla conquista dei serial americani - si veda la nuova puntata del Tg Telefilm 2 Post più sotto - Alexandra Breckenridge di "American Horror Story" si è aggiudicata la copertina e un ampio servizio fotografico dell'inglese "Crack". C'è da giurarci, l'attrice del Connecticut interprete della sexy domestica Moira, dopo le comparsate in "Buffy", "Dawson's Creek", "CSI", "Streghe" e "Medium", ha già vinto la scommessa per diventare uno dei volti più interessanti della nuova serialità a "stelle e strisce" alla soglia dei 30 anni...

lunedì 21 novembre 2011

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm dai giornali italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Quanti déjà vu con «The Killing»
"È iniziata su Fox Crime «The Killing», una serie che in America ha fatto molto discutere e ha diviso i fan di Amc, il canale che la produce (giovedì, 21.55). La serie è il remake americano di un telefilm danese, Forbrydelsen (L'omicidio), già trasmesso in Inghilterra da Bbc e presto diventato di culto. La storia ruota intorno all' omicidio di Rosie Larsen, una teenager apparentemente senza ombre. Alle indagini lavorano Sarah Linden, detective dal passato ombroso, e il suo partner Holder, che sembra nascondere altri misteri e tormenti. A questo scenario tipico della più classica delle detection story, s'intrecciano poi le vicende private della famiglia Larsen e la campagna elettorale di un ambiguo candidato a sindaco di Seattle. A Seattle piove in continuazione e il detective Linden indossa degli improbabili maglioni di lana ricamati che sono già diventati il marchio distintivo della serie, insieme a uno stile visivo che richiama da vicino le atmosfere del «crime nordico» reso celebre dal successo della trilogia di Stieg Larsson. Ma non è l' unico déjà vu che procura «The Killing»: il richiamo della serie a «Twin Peaks» non è nemmeno troppo velato, per esempio nella promozione tutta giocata su quel «Chi ha ucciso Rosie Larsen?» che riecheggia da vicino l' inquietante interrogativo su Laura Palmer. E poi nella costruzione di alcune scene, come quella della telefonata tra i genitori di Rosie mentre la polizia lavora sulla scena del crimine. Ricordate l'angoscioso urlo al telefono della madre di Laura quando scopre l' omicidio della reginetta della scuola? Le somiglianze però finiscono qui, e «The Killing» sembra in realtà sfruttare gli ingredienti del genere giallo in modo piuttosto convenzionale e scontato. Resta da vedere se le prossime puntate sapranno inventarsi soluzioni narrative originali per portarci a scoprire che fine ha fatto Rosie".
(Aldo Grasso, 05.11.2011)
NEWS - Tg Telefilm: Ashley Greene entra nel cast di "Pan Am" da guest-star, le rosse dei telefilm conquistano il piccolo schermo Usa

sabato 19 novembre 2011

Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl!


Serie TOP questa settimana è Suburgatory, nuova divertentissima sitcom della Abc che per protagonisti l’esordiente Jane Levy, versione mignon di Emma Stone, nel ruolo di Tessa, e Jeremy Sisto (Six Feet Under) in quello di suo padre. Tessa è un’adolescente atipica: poco interessata a shopping e make up, va controcorrente e segue poco le mode, è arguta e perspicace, riflessiva e molto ironica. Adora New York e la sua atmosfera frizzante e creativa, ma nonostante ciò, è costretta a lasciare la città quando suo padre, preoccupato che possa crescere in un ambiente malsano e dispersivo, decide di abbandonare “l’isola felice” e trasferirsi in periferia.Qui in una sorta di patinata e plasticosa Wisteria Lane, con villette a schiera, praticelli impeccabili e cassette della posta perfettamente dipinte con colori pastello, le ragazze sono talmente modaiole da far rabbrividire anche Carrie Bradshaw: popolano il liceo, pianificano party esclusivi e trascorrono i pomeriggi nei centri commerciali, immerse in una superficialità dissacrante, costringendo Tessa a chiudersi a riccio nel suo “purgatorio suburbano”.La voce narrante della protagonista ci accompagna nel corso degli episodi, ci conduce su e giù per il quartiere, tra le luci ovattate e le tinte rosa shocking che fanno da cornice. La serie è un’irrinunciabile satira dei costumi e della società americana di oggi, e ricorda fortemente Mean Girls, celebre commedia adolescenziale da cui trae le incursioni nel trash e nel grottesco. Suburgatory non è per nulla pretenzioso, è piacevole e scorrevole, e seppur apparentemente banale a causa dell’inevitabile scontro città/provincia, regala irresistibili momenti divertenti e leggeri.

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Nonostante le alte aspettative e le ottime prerogative, la serie DOWN di questa settimana è Ringer, interpretata da Sarah Michelle Gellar. Ideata da Eric Charmelo e Nicole Snyder, Ringer ha debuttato lo scorso 13 settembre sulla CW, riscuotendo sì un discreto successo soprattutto tra i fan dell’ex “AmmazzaVampiri”, ma convincendo sempre meno a livello di plot, episodio dopo episodio. Tema portante della serie, sulla falsa riga del pluripremiato The Black Swan, il dualismo, in questo caso tra due sorelle gemelle, alimentato da vorticosi giochi di specchi, inquietanti proiezioni visive e prevedibili scambi di personalità. Bridget è un ex tossicodipendente testimone chiave di un delitto in uno strip club, che a poche ore dal processo in cui deve deporre ai danni del pericoloso pluriomicida, in preda al panico si dà alla fuga negli Hamptons, alla ricerca della sua gemella Siobhan. Riunitesi dopo sei anni di lontananza, e in seguito a un tragico incidente di cui per ora restiamo all’oscuro, le due sorelle partono per un giro in barca a mare aperto, da cui però Siobhan non farà mai ritorno, scomparendo misteriosamente. Bridget vede così una papabile via di fuga, coglie la palla al balzo e s’insinua nella vita della gemella, approfittando del fatto che nessuno è a conoscenza della sua esistenza. Il passato torbido di Siobhan non tarda però a venire a galla, e per Bridget iniziano i guai e senza rendersene conto, resta inghiottita in questo “mondo parallelo”, mentre da Parigi, la gemella presumibilmente defunta, trama ai suoi danni. Prendendo spunto dalla maggior parte dei thriller psicologici di questi ultimi anni, Ringer parte bene per sprofondare però nell’ovvietà, vittima della mancanza di colpi di scena plausibili e credibili. Enormi lacune nella regia smorzano purtroppo quella ricercata atmosfera inquietante e vagamente hitchcockiana che si vuole dare alla serie, scadendo nel b-movie di serie B, spesso privo di un filo logico che unisca gli eventi.

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venerdì 18 novembre 2011

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sui telefilm tratti dai giornali italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
"American Horror Story", l'eccesso prende forma(ldeide)
"Bastano i fotogrammi della sigla, con i barattoli di formaldeide e la sfilata di inquietanti ritratti, a farci capire che «American Horror Story» non è una serie qualunque (Fox, martedì 22.45). Che l'estetica e lo stile dei suoi due creatori, Ryan Murphy e Brad Falchuk, fossero striati da una venatura di eccesso si era capito, in modi diversi, dai loro precedenti lavori, dai corpi plastici di «Nip/Tuck» come dalle performance di «Glee». Con «American Horror» l'eccesso prende la forma «di genere» della paura e del brivido sinistro. La famiglia Harmon si trasferisce da Boston a L.A. in cerca di un nuovo inizio: lo psichiatra Ben e la moglie Vivian (con lo stigma della vittima predestinata) si lasciano alle spalle una storia fatta di tradimenti, liti, gravidanze finite male e inevitabile contorno di adolescenza problematica per la figlia Violet. Ma la nuova vita non pare cominciare sotto i migliori auspici: la prestigiosa casa che hanno acquistato è stata in passato teatro di cruenti fatti di sangue, e sembra che tutti i suoi fantasmi non abbiano mai cessato di abitarla. Certo, il fatto che Ben la usi anche come studio professionale non aiuta a renderla più rassicurante, frequentata com'è dai più disturbanti tra i suoi casi clinici. Nella serie il brivido nasce dalle relazioni tra i membri della famiglia americana, dove per tutti le paure peggiori sono quelle dell'inconscio e le urla risuonano dall'interno: «Ma sono tutti pazzi qui?» dice lo psicanalista Ben a un certo punto. E poi il catalogo dell'orrore si anima con alcuni personaggi di contorno e un cast di attori superlativi. La governante Moira, che ad alcuni appare come un'attempata signora, ad altri una ventenne al culmine della sensualità. Il giovane Tate, che cova incubi alla «Bowling for Columbine». Su tutti giganteggia Connie, una Jessica Lange che ha tutto il fascino delle dive degli anni Cinquanta e la sottile crudeltà di chi con la casa dei misteri ha ancora molti conti in sospeso.
(Aldo Grasso, 16.11.2011)
NEWS - Ultima ora! "Law and Order: unità speciale" con Sharon Stone in onda in prima serata il 29 novembre e 6 dicembre
Le attese 4 puntate di "Law&Order: unità speciale" con Sharon Stone conquistano la prima serata. Retequattro, è notizia di poco fa che Telefilm Cult vi dà in anteprima, ha deciso di trasmetterle a coppia, martedì 29 novembre e martedì 6 dicembre, alle ore 21.10. Nel cast della prima delle quattro puntate, un'altra guest-star d'eccezione quale Isabelle Huppert.

mercoledì 16 novembre 2011

GOSSIP - Pushing memories! La parabola senza reggiseno di Anna Friel finisce sotto l'Albero di Natale
Che fine ha fatto Anna Friel? La promettente attrice di "Pushing Daisies" pareva destinata ad un futuro glorioso nonostante il cult disinnescato al quale aveva preso parte. Invece...Dopo la serie terminata nel 2009, il ruolo forse più rimarchevole è stato nel film di quest'anno "Limitless", al fianco di Robert De Niro e Bradley Cooper. Poi qualche film tv in programma e poco altro...a parte le ormai sempre più frequenti apparizioni da toplessata o quasi...L'ultima sull'ultimo numero di "Tatler Magazine", con tanto di copertina che la ritrae da novella Santa Klaus...Foto ad effetto curate da Rankin, per carità, ma Anna Friel non meritava qualcosa di più almeno per Natale?

lunedì 14 novembre 2011

L'EDICOLA DI LOU - Stralci e commenti sulle serie tv dai giornali italiani e stranieri

CORRIERE DELLA SERA
Quando la tv siede sul trono del cinema
"Se qualcuno è ancora convinto che la tv non sarà mai all' altezza del cinema (o del teatro o della letteratura) farebbe bene a seguire con la dovuta attenzione «Il Trono di Spade» («Game of Thrones»), la grande serie epica in dieci episodi prodotta da HBO, scritta da David Benioff e D.B. Weiss, tratta dai romanzi «Cronache del ghiaccio e del fuoco» di George R.R. Martin, pubblicati in Italia da Mondadori (Sky Cinema 1, da venerdì 11-11-11, ore 21.10). Apparentemente la saga appartiene al genere fantasy e ci introduce in un mondo misterioso, oscuro, terrificante dove nobili, cavalieri, dame e nani lottano per la conquista dell'agognato Trono di Spade. Siamo in una terra scontornata, fuori da ogni contesto geografico, dove «le estati possono durare decenni e gli inverni un' intera vita». Il conflitto oppone principalmente tre casati, quello degli Stark (biondi), dei Lannister (bruni) e dei Targaryen (albini, fin de race perché usi a sposarsi tra fratelli e sorelle per preservare? la purezza del sangue). Non vale proprio la pena spiegare la trama, anche perché i ruoli si invertono continuamente, l' eroe si tramuta il giorno dopo in traditore e viceversa. «Il Trono di Spade» va visto, punto e basta. Dietro la finzione del fantasy è come se i sentimenti si depurassero per tornare a una loro scaturigine, come se l'amore, l'odio, la lealtà, l'onore, il disonore avessero da poco abbandonato l'istinto. Come se gli umani dovessero ancora imparare ad amarsi faccia a faccia. La serie ha realmente un andamento epico, sorretta non soltanto da paesaggi mozzafiato, da storie che paiono provenire da leggende ripetute (e quindi variate) di bocca in bocca, da una sceneggiatura strettamente imparentata con quella di «Lost» o dei «Soprano». È fantasy sì, ma riveduto e corretto da un drammaturgo shakespeariano, con dialoghi da tragedia o da musical. E poi «Il Trono di Spade» è girato e recitato secondo la grammatica dei sogni".
(Aldo Grasso, 12.11.2011)

NEWS - Tg Telefilm, Hannibal Lecter pronto ad addentare il piccolo schermo!
Sessanta minuti da brivido moltiplicati per tredici episodi da incubo. Tg telefilm di Bonsai TV (WWW.YOUTUBE.COM/BONSAITV) celebra il debutto su piccolo schermo del cannibale più terribile del cinema hollywoodiano, Hannibal Lecter. Tra fave, fegato e Chianti, il più intelligente killer seriale saprà inquietare anche la serialità a stelle e strisce?
Altro ritorno, altro bagno di sangue assicurato. Il canale Starz ha annunciato il reboot della serie "Spartacus". Dopo la scomparsa di Andy Whitfield il gladio passerà a Liam McIntyre e la stagione sarà intitolata "Spartacus Vendetta". Confermata la presenza di Lucy Lawless e di tutto il cast della prima serie.
Tempo di pagelle con i ragazzi di Subsfactory: Top di questa settimana è "The Mentalist", mentre il premio Flop viene assegnato a "Grimm", serie di belle speranze, ma spentasi già, pare, alla seconda puntata.
Inoltre, come ogni settimana, curiosità, segreti e retroscena delle serie tv più attese, nel primo telegiornale completamente dedicato ai telefilm, presentato da Manuel Masi e giunto alla seconda stagione.

sabato 12 novembre 2011

Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl!


Giunta ormai quasi a metà della terza stagione, The Vampire Diaries, fiore all’occhiello della CW, si guadagna questa settimana il titolo di serie top. Senza perdere ritmo o calare di tono infatti, il telefilm, tratto dalla saga de I Diari del Vampiro, di Lisa J Smith, continua a mietere grande successo tra il pubblico, teen ma non solo, regalando al network ascolti superiori ai 3 milioni di spettatori ogni settimana. Il dualismo tra i fratelli Salvatore, Damon (Ian Somerhalder) e Stefan (Paul Wesley), rivali in amore per la dolce Elena (Nina Dobrev), continua e assume man mano caratteristiche sempre più interessanti, svelandoci lati del carattere dei protagonisti che ancora ci erano sconosciuti. La terza stagione, ricca di new entry e guest star “dall’oltretomba”, punta tutto su flashback, grandi (e graditi) ritorni, intrecci dai risvolti inaspettati e misteri finalmente svelati. Attraverso il classico meccanismo delle scatole cinesi, molti segreti vengono finalmente svelati, viene fatta luce su interrogativi lasciati in sospeso, e non mancano momenti di forte pathos ed emozione. Il plot regge nonostante il trascorrere del tempo, il cast convince sempre di più, e la sceneggiatura si arricchisce di quella qualità che manca ai romanzi. Leader indiscusso e trascinatore della serie, per il terzo anno consecutivo, l’inarrestabile Damon.

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Mai avrei pensato di dirlo, ma ahimè, la serie down della settimana è Misfits: dopo due stagioni brillanti, sfolgoranti e dissacranti, tutto (o quasi) sembra sparito. A pochi episodi dall’inizio manca un plot orizzontale che crei quella coesione tra i personaggi necessaria a suscitare l’interesse dello spettatore. Non c’è continuità e le storyline verticali si esauriscono nell’arco di un singolo episodio, creando una frammentazione nella trama fastidiosa e poco coerente. L’umorismo ha iniziato a scadere nel volgare, ha perso quel brio che lo aveva reso unico nel suo genere: ciò che resta è un insieme di banali battute a sfondo sessuale, capaci di riscuotere una semplice risata forzata, quasi dovuta. Pensavo di poter affrontare una stagione senza Nathan, l’impareggiabile Robert Sheehan,ma mi sbagliavo. Joseph Gilgun, subentrato a Robert nel cast nel ruolo dell’eccentrico Rudy è il suo degno erede: sboccato, borderline, innamorato delle donne (tutte) e del sesso (forse fin troppo), strafottente. Proprio come Nathan. Troppo come Nathan, questo è il punto. Forte del successo ottenuto lo scorso anno, la serie rischia di cadere nello stereotipo, e gli stereotipi si sa, alla lunga annoiano.


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venerdì 11 novembre 2011

NEWS - Tg Telefilm Preview: Vinny Guadagnino di "Jersey Shore" nella 5a stagione di "True Blood"?
NEWS - Dopo l'anteprima al Telefilm Festival, da stasera su Sky Cinema "Game of Thrones" (col titolo "Il Trono di Spade")
(ANSA) - ROMA - Scene pulp di decapitazione e sangue, sesso, nudi frontali; intrighi politici, vendette pianificate con cura, amori incestuosi tra fratelli, figli 'bastardi', mostruose creature, e soprattutto forze soprannaturali. Da stasera debutta su Sky Cinema una delle serie Tv piu' attese della stagione, Il Trono di Spade (Game of Thrones), adattamento targato HBO della saga best seller di George R.R. Martin Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, pubblicata in Italia da Mondadori e tra le piu' popolari mitologie letterarie degli ultimi anni. Il tratto distintivo della serie, presentata in anteprima al Telefilm Festival, e' che gli eroi destinati a salvare le sorti del mondo qui non esistono. Girata tra la Scozia, Belfast, Malta e il Marocco, e' diretta da quattro registi: Tim Van Patten, Brian Kirk, Daniel Minahan e Alan Taylor. L'universo fantastico di Martin, definito 'il Tolkien americano', e' ricco di personaggi scolpiti ad arte, trame intrecciate alla perfezione e ambienti dipinti con rara accuratezza. Gli effetti digitali sono grandi, comunque sempre asserviti alla storia e ai giganteschi set costruiti per evocare l'interno dei castelli e le strade delle citta'. Una trasposizione televisiva ad alto tasso di violenza e di erotismo, consigliata a un pubblico maturo e anche a chi sia allergico alla fantasy. Le scene piu' ''forti'' lasciano pero' presto spazio ad una trama ricca di intrighi politici e raggiri psicologici ambientati in un universo complesso e composto. La serie mescola abilmente racconto epico e suspense, scenari antichi e personaggi 'moderni', mostrando un fascino crescente man mano che lo spettatore si cala nel mondo di Westeros, affascinante quanto spietato. Un appuntamento televisivo che, come ha commentato il Guardian dalle sue colonne, ''sarebbe un gran peccato perdersi per mancanza di immaginazione''. Ed ancora: ''La piu' coinvolgente avventura televisiva dai tempi di Lost' ha titolato il Time. La saga si svolge nei Sette Regni di Westeros, una terra misteriosa dove ''le estati possono durare decenni e gli inverni un'intera vita''. Qui, dall'intrigante sud al selvaggio oriente, fino alle lande ghiacciate del nord, impazza una lotta senza esclusione di colpi, in cui re e regine, cavalieri e ribelli, uomini leali e feroci traditori, si affrontano per la conquista del potere in un 'gioco di troni' tra le principali dinastie. Il conflitto oppone in particolare le casate Stark, Lannister e Targaryen, che si affrontano senza pieta' per il Trono di Spade, fra colpi di scena. Un fantasy atipico, abbondano le atmosfere crude e brutali, una sorta di 'Signore degli anelli per adulti'. La sceneggiatura e' a cura di David Benioff, autore dello script capolavoro 'La 25a ora' e che si era gia' cimentato con l'epos con ''Troy'', e di D.B. Weiss. Superlativo cast di attori coinvolti. Tra questi, nel ruolo del nobile Eddard Stark, c'e' Sean Bean la cui immagine, per gli appassionati di fantasy e' legata a doppio filo a quella di Boromir de Il Signore degli Anelli.

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