giovedì 22 novembre 2012

NEWS - Chevy Chase, quella è la porta! L'attore di "Community" lascia il set dopo l'ideatore
Articolo tratto da Deadline Hollywood
We may laugh at the on-camera antics of the Greendale Community College, but off-camera, the place is cursed. Cursed, I tell you! Chevy Chase, he of the angry phone call full of profanities and stubborn foot-dragging, is leaving Community and won't be returning, according to Deadline Hollywood. The decision was mutual, with both parties (Chase and Sony, the show's studio) agreeing that his departure was the best form of action.
No more Pierce Hawthorne. No more curmudgeonly racism. No more secret flasks inside of pens—Chase is leaving the show immediately. Luckily, most of Season 4 has already been filmed, meaning Pierce will only miss the last few episodes of the season.
I've always been more accepting of Pierce Hawthorne than most Community fans, so I'm bummed. I was also raised on Chevy Chase, growing up with movies like Fletch and Caddyshack. Heck, I even liked Funny Farm. However, I can't defend the allegations about his behavior behind the scenes, and if the show is better off with him leaving, that's the most important thing.

But can we all agree that even though Community is one of the most inventive comedies to hit television in the last decade, it's an utter mess, production-wise? Series creator Dan Harmon was fired at the end of last season, something that rarely happens in television. I'm sure the nuisance of Chase's disgruntled outbursts caused nothing but turmoil. The Community set must be one of the most bipolar places in Hollywood, if people are getting fired and arguing one minute and manifesting genius in episodes like "Remedial Chaos Theory" the next. What an absolute shame. And as much as it pains me to say this, there's no way NBC will renew Community for a fifth season or order more episodes beyond the 13 slated for Season 4. I just don't see it happening. I'M BUMMED, GUYS!
One more thing: How convenient that this news comes just as most people are in airport hell on their way to Thanksgiving dinner. Now, I'm not saying NBC and Sony TV are trying to bury it while Americans are busy spending time with their families, but okay yes that's exactly what I'm saying.

martedì 20 novembre 2012

PICCOLO GRANDE SCHERMO - Anteprima JJ Abrams: al cinema si lancia sulle tracce dei nazisti (oltre ai sequel di "Star Trek" e Cloverfield"). In tv visioni poco rassicuranti con "Revolution" e "Person of Interest"
J.J. Abrams, l'ideatore di "Lost", è diviso tra passato e futuro.
E' notizia di queste ore che colui che i critici hanno designato quale "l'unico vero erede di Steven Spielberg" sia al lavoro su un film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale: in "Wunderkind", atteso nelle sale nel 2013, due cacciatori di taglie uniscono le forze per far giustizia sui crimini di guerra perpetrati dai nazisti, gettandosi sulle tracce dei colpevoli. Ancora nessun nome per il cast.
Altro titolo in flashback firmato da Abrams, seppur nuovo di zecca, è il prossimo capitolo cinematografico di "Star Trek" (in uscita nel 2013) - sottotitolato "Into Darkness" - che segue il successo di "Il futuro ha inizio" che ha riacceso l'entusiasmo per la fanta-saga dell'Enterprise nel 2009.
E mentre al cinema Abrams firmerà sul finire del 2013 anche il sequel del terrorifico low-budget "Cloverfield" dopo il primo capitolo del 2008, sul piccolo schermo sembra cavalcare a briglie sciolte su un futuro prossimo venturo non proprio rassicurante.
Se "Person of Interest" (in onda su Premium Crime con la seconda stagione inedita dal 28 novembre in prima serata) racconta di una società controllata telematicamente per prevenire i crimini, "Revolution" (in programma su Steel a gennaio 2013) vede le macchine e i dispositivi elettronici ribellarsi all'uomo e gettare la popolazione mondiale in un clima pre-rivoluzione industriale. Che mondo sarebbe se fossimo controllati 24 ore su 24 dalle telecamere? E senza mezzi di trasporto e internet? Le visioni di Abrams su una democrazia in pericolo (e troppo legata al mondo virtuale) fanno quasi più paura di quelle di "Lost"...

lunedì 19 novembre 2012


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl

Alcune serie tv riescono a toccare le corde giuste, a emozionarci e coinvolgerci a tal punto, da far sì che i personaggi diventino parte del nostro mondo. 
Altre serie tv hanno un ulteriore pregio: la capacità di spingersi oltre e raggiungere i punti più intimi e profondi dello spettatore e instaurare con esso un rapporto unico, destinato a durare nel tempo.
È il caso di Parenthood, la serie di Jason Katims in onda da quattro anni sulla Nbc e stracult di questa settimana.
Non è la prima volta che parliamo dello show che ha per protagonista la famiglia Braverman, composta da attori del calibro di Lauren Graham, Peter Krause e Monica Potter, solo per citarne alcuni.
Perché sì, i protagonisti di questo family drama, meriterebbero di essere citati uno a uno, dal più piccolo Tyree Brown, al più attempato, Craig T. Nelson, passando per i giovanissimi Mae Whitman e Miles Heizer, fino a Erika Christensen o Bonnie Bedelia.
Partendo sin dall’inizio con un potenziale da far invidia ad altre pietre miliari del drama familiare, come Brothers & Sisters o Desperate Housewives per certi versi, Parenthood in questi anni è riuscito se possibile, anche a superarsi.
Ha saputo andare aldilà del romanzo narrativo corale, dando spazio gradualmente e senza mai annoiare, alle storie dei singoli, scandagliando e approfondendo la psicologia di ciascun personaggio, senza trascurarne nessuno e focalizzando l’attenzione su particolari mai banali o trascurabili, ma ogni volta fondamentali e significativi ai fini della storyline generale.
Ed è proprio questa l’arma vincente della serie di Katims, la capacità di portare in scena il quotidiano di ogni piccolo ramo della famiglia Braverman, che episodio dopo episodio, contribuisce a creare un albero solido e robusto, rappresentato da una famiglia alla quale ognuno di noi, tutto sommato, vorrebbe appartenere.


Ci sono poi altre serie tv che, dopo molti anni, riescono sì ancora a emozionare, ma non come una volta.
Alcuni telefilm, nel corso degli anni, hanno perso il brio che avevano all’inizio, le storie hanno cominciato a farsi via via ripetitive e prevedibili, e le lacrime, quelle vere e sincere, riaffiorano sul volto dello spettatore solo di fronte a una delle innumerevoli tragedie nel plot.
È il caso per esempio di Grey’s Anatomy che ha inaugurato la
la nona (e onestamente si spera ultima) stagione con una serie di episodi dolorosi e difficili, che spesso ci hanno lasciato con un sapore amaro in bocca e fiumi di lacrime da asciugare.
Questa prima parte di stagione ha convinto meno del solito tanto il pubblico quanto la critica, e le scelte di Shonda Rhimes appaiono ormai azzardate e in alcuni passaggi troppo forzate.
Troppo dolore, troppa sofferenza, così troppa da trasformarsi, paradossalmente, in banalità.
Ciascun personaggio ha una cicatrice più o meno profonda da rimarginare, ognuno una tragedia da superare (l’ennesima), e le lacrime, sotto alcuni punti di vista, iniziano a diventare troppe. Siamo pur sempre di fronte a una serie tv, e non per forza dobbiamo ridurre tutto a un cumulo di kleenex accanto al divano. Alcune serie, dovrebbero aver la capacità di commuovere ed emozionare non soltanto per la dipartita di un personaggio, quanto piuttosto per quei piccoli dettagli riscontrabili anche nel nostro quotidiano, ed è proprio qui che la Rhimes cade, dove invece Katims, riesce a meraviglia. 

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